Dossier

Le Stagioni del Cibo – Aprile 2019

17/04/19

(A cura di Silvia Vessella)

Le Stagioni del Cibo è il nuovo Dossier di Spiweb, con cui ci proponiamo di proseguire  la ricerca sui cambiamenti della società in cui viviamo . L’analisi delle sue trasformazioni su più fronti contribuisce ad ampliare l’indagine sulle radici profonde dei cambiamenti socio-politici e individuali in atto. Nei precedenti dossier abbiamo affrontato il tema delle nuove tecnologie, della robotica, delle biotecnologie, del ruolo delle donne, dell’ecologia come ricerca di un equilibrio in cui tutte le voci abbiano parola, dell’evoluzione di ciò che chiamiamo “creato” e “umano”. Oggi ci interessiamo del cibo e delle tante declinazioni di significato che riveste nelle relazioni tra gli uomini.

La sezione dossier del Sito della Società Psicoanalitica Italiana affronta il tema del cibo, ricchezza della terra, che ha  accompagnato le vicende della civiltà e della cultura con una sua propria storia.

Oggi esso  è in primo piano per i disagi di un economia sempre più dissociata fra ricchi e poveri, tra chi sfrutta e chi è sfruttato, che spingono un numero notevole di donne,uomini e bambini a migrare in cerca di una nuova “terra promessa”.

Quali possono essere le intersezioni , in una società che si muove a due velocità, dove da una parte ci sono  le urgenze del corpo affamato,espresse  dai  bisogni non dilazionabili  dei popoli migranti, e dall’altra parte la corsa sempre più accelerata verso le  nuove tecnologie? Dove risiedono in realtà le nuove risorse?

Le nuove ricchezze, frutto della creatività umana, potranno essere utilizzate per il benessere di tutti?

Questo dossier vuole  proporre una riflessione su come  cambiamenti individuali e sociali rispetto all’alimentazione segnalino cambiamenti più estesi, e interroghino verso quali   direzioni stiamo andando.

La profondità e molteplicità di valori legati al cibo credo siano indiscutibili.  “Cibo” di Helena Janeczek  racconta, ad esempio,  attraverso una storia di anoressia,  quanto il cibo sia portatore di affetti e memorie.

E le nuove tecnologie, che tipo di cibo rappresentano per la mente? Per provare ad affrontare  questa problematica Antonio Imbasciati (comunicazione personale) ci invita alla lettura di “Benasayag M. Il cervello aumentato e l’uomo diminuito, Erickson, Trento”.

Lunga la storia e molti i percorsi narrativi possibili, che accompagnano  la relazione cibo-società. Partiamo dal principio:da quello che può considerarsi ”la  Madre” di ogni incontro, comunicazione e relazione: l’allattamento materno e la sua evoluzione, attraverso  l’allattamento  artificiale fino alle banche del latte (Andreina Tantini). Anche il passaggio delle competenze sulla preparazione del cibo ha subito una interessante trasformazione : un tempo  venivano tramandate   da madre a figlia, poi quelle competenze sono diventate oggetto  di pubblicazioni e  venivano  trasmesse con il  “libro di ricette della mamma”, o “della nonna”,   oggi assistiamo  al fenomeno delle trasmissioni televisive con  degli chef stellati  che fanno” tendenza”.

La produzione del cibo, similmente, ha avuto una evoluzione su cui è interessante riflettere:nel giro di qualche decennio siamo passati alla produzione  nel  proprio orto, al mercato, al supermercato,  al cibo  preconfezionato. Altrettanto importante sul piano economico, e non solo, la considerazione che    le filiere del cibo vedono  il produttore sempre  più lontano dal consumatore   e sempre  meno coinvolto nel vantaggio economico.

Trovo degno di attenzione infine il percorso ondivago dei consumatori dal cibo naturale, all’OGM, con un ritorno oggi al cibo a kmZero, che sembra una sorta di ritorno al futuro. Se poi analizziamo le oscillazioni tra tentativi di sfruttamento sempre più raffinati, accompagnati dalle tante lotte nei secoli per la terra come per il cibo, e i ritorni attuali all’orto sul terrazzo o agli orti urbani, sembra che sia come per le stagioni: tornano come a provare a equilibrare, magari su nuovi piani,  la relazione tra natura e cultura.

 

Ciascuno di questi percorsi racconta una storia e segnala cambiamenti importanti nella società e nel singolo individuo, mediati dall’affettività circolante in ciascun contesto di appartenenza, e secondo l’individuale e speciale percorso affettivo e di vita.

Se l’identità individuale è definita dalla convergenza nella soggettività di aspetti individuali, intersoggettivi, sociali e culturali e dai loro legami, allora risulta evidente che i cambiamenti caotici cui assistiamo, spesso troppo veloci, non sono ben sedimentati nel singolo.  Il  dover e voler essere, il come ci si vuole vedere e si vuole essere visti, spesso risulta , di conseguenza,  non in equilibrio con come ci si senta profondamente. Capita che lo scarto tra questi spazi psichici sia enorme e spesso nascosto dietro certezze e sicurezze poco radicate. E questo ad esempio riguarda molto da vicino il lavoro dello psicoanalista.

 

Attraverso il cibo infatti vengono veicolati I leganti emotivi, strutturali, fondanti la nostra identità, la musica di fondo, speciale per ciascuno di noi, che accompagna con variazioni nel tempo, come musica o  dissonanza, lo scorrere della nostra vita.(Antonio Imbasciati).  .

Ci sono stati periodi sulla Terra e ci sono oggi zone del mondo ancora dove il cibo significa  sopravvivenza. Nel mondo del superfluo, in vista del rischio di disastri ecologici che coinvolgono il mondo tutto, appare necessario affermare con forza quante valenze intime e profonde circolino intorno al cibo. (Sarantis Thanopulos)

Oggi, ai tempi della velocità e del precotto, rispetto alla relazione umano-cibo, notiamo uno  spostamento dal vitale al superfluo, dal “buono” al “bello”, dal piacere del corpo a quello degli occhi. Vi è  un allontanamento da una dimensione più in contatto con la propria intimità, a seguito della fantasia di liberarsi  o di poter fare a meno dei messaggi e dei limiti depositati nel corpo. Il tentativo di raggiungere la libertà, la patologia anoressica ne è un tragico esempio, arriva a  reificare una capacità creativa deposta nella totalità dell’essere “umano”.  Le patologie alimentari, soprattutto negli adolescenti, sono un segnale forte e profondo delle insicurezze sociali che derivano dal considerare il nutrimento alla stregua di altri prodotti commerciali. Ed è sui giovani che si osservano soprattutto i risultati di una scarnificazione degli elementi emotivi vitali. (Anna Nicolò)

Contemporaneamente assistiamo a una marginalizzazione sempre maggiore del valore di quelle categorie umane che se ne sono occupate quotidianamente, le donne, e insieme con esse i bambini e i vecchi, passato e futuro. Eppure tra le mura di una casa, come hanno già scoperto i writers e gli street artists,  sono inscritte storie importanti, la nascita e la morte, le avventure più intime, i pensieri più nascosti,  le emozioni più estreme, la bontà e la rabbia, la dedizione e la sopraffazione. E’ intorno a una tavola imbandita che si prendono decisioni (buone e cattive), come ci racconta la storia dell’Arte, e intorno ad essa si festeggia tutto della vita e si esorcizza la morte. (Gianni Pittiglio).

L’importanza dei   rituali che riguardano il cibo è testimoniata dal fatto che essi sono presenti in tutte le religioni.  Freud si è interrogato su di essi, vedendovi sia la somiglianza con alcune forme patologiche nevrotiche, sia, assumendo anche dagli studi antropologici, il loro essere il segno di una forma introiettata di sottomissione sociale e individuale, che accompagna la costruzione delle civiltà, dando fondamento all’organizzazione statale e origine a diritto, leggi e religioni. La pratica ripetuta dei rituali dà spessore e intensità agli eventi e, quando il codice di comportamento diviene collettivo e codificato, esso contribuisce e rafforza l’appartenenza. Si sono fatte carico di indagarne le implicazioni per l’ebraismo Nicoletta Bonanome in un dialogo intenso con una storica espertissima, Anna Foa; per quella cattolica Carla Busato con una interessante intervista a Massimo Salani.

Mi chiedo cosa direbbe Freud nell’ analizzare lo spostamento dell’attenzione verso le religioni orientali che fanno perno sul singolo e sul corpo come strumento per immergersi nel “tutto”? Cosa possiamo leggere in questa particolare forma di ricerca di spiritualità in un mondo orientato all’informatica, alla robotica e al fare? Le interessanti  implicazioni nel buddismo sono state approfondite da Cristina Sarno.

 

Se cambiano i legami affettivi, così come sono radicati in noi, se cambiano gli aspetti più profondamente intimi legati al cibo e alla sua storia e le emozioni più sfumate che formano la rete di fondo dello scorrere del tempo, ci dobbiamo interrogare, seguendo un orientamento ecologico, su cosa avverrà di quel che vi era riposto. Sappiamo , infatti  che un “vuoto” non resta a lungo tale, e spesso porta a terremoti di difficile soluzione. Di questo è consapevole lo psicoanalista che assiste all’aumento dell’incidenza di disturbi dell’alimentazione nella popolazione con dimensioni da pandemia.(Giancarlo di Luzio)

D’altra parte l’accesso generalizzato al lavoro moderno ha prodotto cambiamenti significativi, e anche benvenuti, ad esempio sul piano della parità di genere,  nell’attuale società. Ha spostato le aspettative e l’attenzione femminile sul lavoro all’esterno, portando a delegare a figure socialmente considerate secondarie, di solito altre donne, spesso migranti, l’ordine della casa, dell’accudimento dei figli, la cura dei vecchi.

Sarebbe un buono strumento inclusivo se non fosse accompagnato dalla svalutazione di quelle funzioni.

Le tecnologie hanno ulteriormente tolto senso a odori, sapori, colori e saperi, desertificando le cucine e i cuori. La diffusione dello “junk food” ne è la prova.(Antonella Lezo)

Intanto ancor oggi si richiede alle donne dedizione, spirito di sacrificio e una certa passività fatalistica ai fatti della vita. E se la donna condivide, anche con molte difficoltà, con l’uomo il mondo lavorativo, il nutrimento rimane di sua pertinenza insieme con l’accudimento. Questo evidenzia una vulnerabilità, ma è anche una risorsa, una ricchezza cui sarebbe utile attingere, grazie  allo speciale punto di vista su se stesse e sulle dinamiche interpersonali, che attengono agli aspetti più profondi ed emotivi.

L’organizzazione patriarcale morente tira le ultime bordate?

Questa è una spiegazione possibile,  ma allo stato dei fatti risulta parziale. Assistiamo oggi alla costruzione di una società tutta orientata al fare, alla velocità, ma la velocità ha un punto debole che è nel corpo. Il corpo senziente invia segnali della propria precarietà, a volte violenti a volte più lievi e sfumati ma non meno importanti. Annovero fra questi  la diffusione endemica delle patologie del cibo  e a livello globale i movimenti migratori dai paesi dove regna fame, violenza e sfruttamento selvaggio.  Si ripropone il vecchissimo monologo di Menenio Agrippa fra il braccio e la mente in forme sempre rinnovate ed evidentemente non ancora veramente risolto. Sembra di assistere alla eterna battaglia tra natura e cultura. Mentre la cultura cerca di fare a meno, come se fosse superfluo, di ciò che rende umano l’uomo, di contro la natura grida forte i suoi bisogni.

Intanto si stanno generando velocemente e caoticamente nuovi assetti  sociali, che  producono diffuse angosce  catastrofiche.

Proprio il web-mondo però, insieme con un accesso più generalizzato alle informazioni, ha favorito la diffusione di talune proposte, rivoluzionarie dal punto di vista degli equilibri economici. Vorrei vederle come la proposta di un versante quasi pacifico, ma profondamente rivoluzionario, che dovrebbe riscuotere massima attenzione, da parte di popolazioni che tendono ad affermare un potere anche in chi ha solo le proprie braccia e il proprio know-how, ma non possiede strumenti di produzione.

Molte sono le piccole associazioni che ricorrono all’aiuto di agenzie  sovranazionali, come l’IFAD, per fare delle proprie risorse e competenze una attività lavorativa (Ana Juraga, Elena Lipari).

In Colombia le donne si legano in cooperative per combattere la povertà, contrastando così un datore di lavoro violento: il cartello della droga.(Kelly Velasquez).

Sono solo alcuni dei tentativi di riportare equilibrio in un mondo orientato alla disparità economica.Si tratta comunque sempre di guerre, sebbene di Lillipuziani  contro  Giganti.

Anche in Italia sono molte le donne e gli uomini che hanno fatto delle proprie tradizioni regionali in cucina un’occasione di orgoglio e di integrazione fra culture. Su questi temi Daniela Bonomo ha interpellato l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, che, tramite il Progetto “Food for Inclusion”, in collaborazione con l’U.N.H.C.R. ha preso importanti iniziative in tal senso. Ce ne parla la Presidente dell’iniziativa  prof. Maria Giovanna Onorati.

Si tratta di dare spazio nel campo della cultura materiale ad aspetti e storie in genere  poco valorizzate. Il tentativo è di contribuire all’apertura di un diverso dialogo transnazionale, che potrebbe dare uno spessore diverso a una Storia tessuta prevalentemente su fatti militari, su armi, guerre di conquista, colonizzazioni e confini geografici stabiliti dai trattati.

Si potrebbe  pensare a una storia del Mediterraneo che comprenda anche gli scambi alimentari, culinari, musicali, letterari, affrancandoli così dalla scarsa valutazione, come prodotti culturali di secondo livello al confronto con la cultura “superiore”. Si potrebbe assistere a una diversa e più inclusiva valutazione di sensibilità, emotività, passioni, energie, capacità lavorativa e creatività, orientata a dare valore a tutti i partecipanti con ciò che mettono in gioco.

 

Credo che occorra ancora riflettere sulle derive patriarcali della storia della cultura. Poteva produrre vicende diverse se si fossero introdotti altri protagonisti cui riconoscere partecipazione e competenze alla pari?

Il dossier raccoglie solo alcune riflessioni di un tema così articolato, che tendono a delineare la complessità dei legami e degli scenari che si stanno  aprendo.

La coltivazione, la raccolta , la vendita, la cottura, la consumazione del cibo sono il risultato delle vicende della cultura materiale  che è patrimonio dell’Umanità tutta, ma sono state finora principalmente assunte nei moderni rapporti capitalistici e ne seguono le regole.

E’ sotto gli occhi di tutti il fatto che il sistema è instabile. Occorre, trovare nuovi e più inclusivi equilibri e, si spera, non attraverso i messaggi della paura o con guerre e distruzione.

A questo scopo occorre aprire sempre più  dialoghi complessi tenendo conto del fatto che la precarietà non è solo del lavoro o della politica,  ma anche del cuore e della ragione, e di queste si occupano  le cosiddette scienze “umane”, e tra esse la psicoanalisi.

Solo tutti insieme possiamo contribuire a risolvere gli attuali squilibri.

 

Ed ecco l’indice del dossier:

 

Editing Daniela Battaglia