Dossier

Giancarlo Di Luzio: le relazioni psicopatologiche con il cibo

18/04/19

Giancarlo Di Luzio, psichiatra, psicoanalista SPI/IPA, gruppo-analista, membro SISDCA ( Soc.Ital.Studio.Dist.Comp.Alim.) e AED (Academy of Eating Disorders). Da oltre venticinque anni si occupa, nel pubblico e nel privato, del trattamento della psicopatologia giovanile e dei disturbi alimentari psicogeni. Conduce da anni, nel Centro di Psicoanalisi Romano, un gruppo di studio sui “disturbi del Sé, dell’immagine corporea e dell’alimentazione”; Dal ’79 al 2014 ha lavorato come psichiatra dirigente nei servizi psichiatrici del SSN, tra cui Area Interdipartimentale dell’Adolescenza (1992-2002) e U.O.Disturbi del Comportamento Alimentare (2002-2014), AUSL RM E.

 

Giancarlo Di Luzio

Le relazioni psicopatologiche con il cibo

A. IL PUNTO DI VISTA PSICHIATRICO. I DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E DELLA ALIMENTAZIONE

Le relazioni psicopatologiche con il cibo, i Disturbi Nutrizionali e Alimentari, sono in netto aumento nel mondo occidentale, con insorgenza sempre più precoce, specificatamente per quanto riguarda l’area della iper-alimentazione e dell’obesità, una vera e propria “pandemia”.La Anoressia Nervosa è la malattia psichitrica con il maggior tasso di mortalità.(follow-up a 11 anni indicano tassi di mortalità del 7,4).

I disturbi della nutrizione e della alimentazione.

DNA (DSM V, EATING AND FEEDING DISORDERS) sono disturbi psichiatrici severi e di lunga durata, ad eziopatogenesi multifattoriale, caratterizzati da psicopatologie qualitative e quantitative della alimentazione e della nutrizione, che possono comportare disturbi ponderali (dalla magrezza al sovrappeso/obesità, dal minimo al massimo Indice di Massa Corporea/BMI) ed altre alterazioni somatiche (anche  rischiose per la salute e la vita). La psicopatologia associata include frequentemente disturbi del Sé, dell’immagine corporea, della percezione di emozioni, della  enterocezione e della esperienza interpersonale.

Le categorie nosografiche ben definite (secondo la classificazione più accreditata e diffusa, il DSM-5), in ordine di frequenza ed incidenza epidemiologica, sono: Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI, BED- Binge Eating Disorder) , Bulimia Nervosa (BN), Anoressia Nervosa (AN), ARFID (Avoidance/Restrictive Food/Intake/Disorder) Disturbo Alimentare Evitante/ Restrittivo. Ma sono le categorie non ben definite quelle che hanno la massima incidenza epidemiologica, cioè gli Altri Disturbi della Nutrizione Alimentazione/ OS/UFED, Specificati o Non Specificati (in precedenza NAS). L’ Obesità, anche se non inclusa in tale classificazione, presenta con questa area una netta contiguità eziopatogenetica e clinica. E’ fattore di rischio per l’insorgenza dei DNA ed anche loro possibile esito. E’ frequente co- morbilità del DAI ed in forte ascesa epidemiologica nei paesi occidentali (un terzo degli adulti ne è affetto negli USA).

Il Trattamento, secondo le linee guida internazionali più accreditate (APA, NICE), deve essere multi-discipinare, ossia essere attuato da un gruppo curante (“team”), integrato, costituito da varie figure professionali ( psichiatra, psicoterapeuta, medico-nutrizionista, etc.,..). La psicoterapia (individuale, gruppale, familiare) è considerata parte centrale del trattamento.

B.  IL PUNTO DI VISTA PSICOANALITICO

La Psicoanalisi fin dai suoi esordi si è occupata delle relazioni patologiche con il cibo, attraverso i tentativi di comprensione e cura dei Disturbi Alimentari, in particolare della Anoressia Nervosa (v. caso di Ellen West); dagli anni Cinquanta ai Settanta ha rappresentato l’approccio principale a questa sindrome e tuttora è un significativo approccio psicoterapeutico a questi disturbi all’ interno di un trattamento integrato multidisciplinare. La Psicoanalisi e’ stata ed è la psicoterapia più antica e più ricca di esperienza, dato questo, che Thoma, uno dei massimi studiosi psicoanalisti della Anoressia, quantifica sinteticamente in “oltre 100 casi (descritti dettagliatamente) in oltre 100 anni”.

1.Relazione con il cibo. Relazione con la madre

Il cibo del feto, nella vita intra-uterina, è in un certo senso la madre stessa in quanto sono i suoi nutrienti che la placenta veicola, tramite il cordone ombelicale, al nascituro.

Alla nascita la cesura del cordone ombelicale inaugura l’alimentazione e l’allattamento del neonato, il quale, in quanto soggetto separato, assume il cibo, il latte, prodotto dal seno della madre. In alcune culture l’allattamento viene espresso come “mangiare la madre”. E’ comprensibile l’”imprinting” che l’oggetto cibo riceve in termini di: segno di nutrimento vitale, di presenza, di accudimento e di relazione amorosa con la madre.

All’ inizio il cibo, il latte, il seno, la madre sono vissuti come un unico oggetto dall’infante in una situazione di fusionale indifferenziazione (fase simbiotica della Mahler). Dunque l’alimentazione è la base biologica su cui si declinano relazione e affetti del bambino. L’assenza del cibo è l’assenza della madre. Le oscillazioni della alimentazione riflettono quelle relazionali con la madre. Il primitivo NO verso la madre può essere espresso come rifiuto della alimentazione ed il mangiare riceve l’”imprinting” di esperienza primaria della relazione d’amore e di accudimento con l’ Altro.

La frustrazione della perdita della “fusione” con l’ oggetto primario, la madre, rimarrà impressa nel vissuto psichico fantasmatico dell’ alimentazione: il cibo dunque rifletterà l’ Oggetto investito di amore/odio/piacere/rabbia con cui la relazione potrà oscillare tra i due estremi comunicativi:

-il NO, rifiuto totale, restrizione alimentare (tendenza anoressica)
-il SI, desiderio totale, spinta ad una incorporazione onnipotente del cibo nel tentativo di restaurare la fusione con l’ oggetto, bramosità infinita del cibo (tendenza bulimica).

In sintesi:
-IL CIBO rappresenta per l’ uomo, nel profondo, l’ Oggetto Madre-fonte di amore, nutrimento e vita

-L’ ALIMENTAZIONE è la prima relazione con l’oggetto non animato, Altro da Sè, in cui il bisogno da pulsione si intreccia con il desiderio di relazione con l’Altro.

2.Il cibo e la relazione con il Sé e con l’altro da Sé

L’ alimentazione dunque veicola l’esperienza di una relazione affettiva con un Altro da Sé in cui si incontrano buoni nutrimenti e buone emozioni che generano nell’ accudito benessere e sviluppo. Successivamente la relazione affettiva si separa da alimentazione e cibo ma ne mantiene un forte collegamento inconscio e simbolico per tutta la vita e laddove la relazione umana diventa carente o impedita sembra che l’alimentazione assuma un ruolo vicariante.

3.Nutrizione e Alimentazione. La Nutrizione consiste in:

1) Alimentazione, “ scelta, preparazione e attività di assunzione e digestione degli alimenti”, da cui deriva

2) “l’ assunzione dei principi nutritivi per i processi metabolici per il mantenimento e il corretto funzionamento dell’organismo”.

4.Relazione tra alimentazione, Sé, emozioni, corpo ed immagine corporea:

L’ alimentazione umana è una esperienza che comporta contemporaneamente processi psico-fisiologici ed interpersonali all’ interno di uno specifico contesto culturale.
L’ organizzazione del Sé, il mondo interpersonale familiare, le emozioni, l’esperienza corporea e l’immagine corporea influenzano l’alimentazione nella scelta, nella preparazione del cibo, nella composizione dei principi nutrienti, nella assunzione e nella consumazione dei pasti.

L’ allattamento materno del bambino costituisce, dopo la fase intrauterina, la primitiva esperienza di nutrimento, accudimento, relazione emotiva con l’Altro da Sé, una “base sicura “ seppure successivamente “Eden perduto”.

Di qui si comprende come la difficoltà nella gestione delle relazioni umane e delle emozioni può portare ad un ritiro difensivo, dall’ esperienza interpersonale con oggetti umani a quella più rassicurante con uno sostituto inanimato come cibo che però “ricorda” l’ Altro ( la madre).

Restrizione, dis-controllo, abbuffate, eccessiva bramosia seguita da vomito o altre condotte espulsive, iperalimentazione abituale, scelte dis- nutrizionali dell’ alimentazione, possono fungere da inconsce espressione di malessere ma anche regolazione delle emozioni, dell’ autostima e per inconscio evitamento di un mondo interpersonale vissuto come inaffrontabile.

 

5.Gli effetti dei disturbi del Sé e dell’immagine corporea sulla alimentazione

Carenze, fragilità del senso di Sé” e soprattutto le percezioni in sé, stabili e diffuse di difettosità, negatività, non-valore, confusione, inconsistenza, imperfezione, “impresentabiltà”, strutturatesi già nell’ infanzia, spesso a causa di deficit di accudimento in contesti familiari psicopatologici, nella fase evolutiva, influenzano negativamente il vissuto dell’ immagine corporea,  attualmente già intensamente e diffusamente condizionato dai “mass-media” e dalla cultura consumistica, e ne determinano i frequenti  disturbi dell’ immagine corporea ( dispercezioni e vissuti di immagine corporea negativa, insoddisfazione corporea). Questi associati alla dispercezione e disregolazione delle emozioni e alle fobie elevate delle relazioni interpersonali, conducono, all’ interno di una complessa ezio-patologia multifattoriale, tra cui una frequente psicopatologia familiare, alla comparsa dei disturbi dell’ alimentazione e nutrizione.

6. Relazione tra Cultura e cibo. 

Il cibo ha un forte significato sociale e simbolico. Si collega alla convivialità e alla celebrazione di momenti sociali significativi. L’ introiezione di cibo così come la sua privazione, il digiuno hanno forti significati simbolici. Il digiuno e l’ assunzione di cibo, così come la formazione dell’ immagine corporea, si correlano con esperienze ed introiezioni di aspetti psico-spirituali, come lo studio della antropologia e delle religioni ci mostra.

I disturbi psicogeni dell’ alimentazione e nutrizione come detto, sono patologie spesso di lunga durata con tendenza a ricadute e complicanze fisiche. Possono oscillare dalla massima ipoalimentazione, denutrizione con massimo dimagrimento (Anoressia Nervosa, patologia psichiatrica con il più elevato rischio di mortalità) alla massima iperalimentazione e obesità (Disturbo da alimentazione incontrollata), presentare comportamenti alimentari strani e bizzarri collegati ad ansie ed ossessioni di vario genere. Elevata è la loro comorbilità con altre patologie psichiatriche. I trattamenti psicodinamici e psicoanalitici, che hanno una lunga tradizione di oltre 100 anni, stanno ricevendo, negli ultimi anni, validazioni scientifiche della loro efficacia (v. bibliografia).

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