Dossier

Ouroboros di Ranya Skarabi

5/03/13

a cura di Gabriella Giustino

Questa scultura si ispira agli Ouroboros, l’antico simbolo raffigurante un serpente che si morde la coda e che rappresenta il ciclo della vita. Fatto di oltre 16.000 singoli pezzi di bronzo fuso e ben oltre 32.000 manovre dall’artigiano, questa banda moebial, lunga 11 metri con un diametro compreso fra i gli 11 e i 17 centimetri, è avvolta da un motivo geometrico. La matrice si espande e si contrae perfettamente seguendo una sequenza algoritmica. Spesso dipinta come una forza delle tenebre, il serpente era una volta un simbolo di vita. Nell’antico Egitto, in Grecia, e presso gli alchimisti era visto come un simbolo di ciclicità, di caos contro l’ordine, o di vita che alimenta se stessa. Inno alla ricorrenza eterna, l’Ouroboros è uno dei pochi simboli giunti fino a noi che è in sintonia con la cultura contemporanea e che dà un significato archetipico alla lotta per la vita della psiche umana.

Una conversazione con Ranya, l’artista libanese che ha pensato e realizzato Ourobouros, mi ha dato l’opportunità di avvicinare il tema della condizione della donna in Libano. Noi occidentali spesso commettiamo l’errore di guardare alle donne che vivono in Medio Oriente con uno sguardo “orientalista” condizionato cioè da un’immagine stereotipata e troppo omogenea della loro situazione nella società. Come mi spiega Ranya, che vive tra Beirut (sua città natale) e Milano e che espone in tutto il mondo le sue opere, vi sono variegate e importanti differenze tra un paese e l’altro, uno strato sociale e l’altro. Le donne in Libano sono “abbastanza” libere. Anche se sono cresciute in un ambiente tendenzialmente maschilista il loro paese, da sempre aperto ad altre culture, le ha abituate a viaggiare e a spostarsi. Questa vocazione al movimento deriva anche da un pervasivo senso d’instabilità determinato da continue guerre e conflitti civili. Comprendo che l’uso del serpente non evoca nell’artista alcun fantasma maschilista di predominio del pene: semmai rappresenta anche una possibilità di giocare col simbolo liberamente. Simbolo di vita dunque non di morte.

Ranya però appartiene a una classe sociale elevata e ciò le ha permesso di studiare in Europa e di liberarsi da stereotipi oppressivi. Le cose non vanno altrettanto bene se questo “ aprirsi alle altre culture” è impedito da condizioni sociali svantaggiose.