Dossier

“Se questi sono gli uomini”

5/03/13

Riccardo Iacona

Chiarelettere Editore


Recensione di Benedetta Guerrini Degl’Innocenti

14 febbraio 2013, “Quello che state per leggere è l’incredibile racconto di una tragedia nazionale che macina lutti e sparge dolore come una vera e propria macchina da guerra. Una guerra che prima di finire sui giornali nasce nelle case, dentro le famiglie, nel posto che dovrebbe essere il più sicuro e il più protetto e invece diventa improvvisamente il più pericoloso”.

Con questa presentazione si apre il libro del giornalista Riccardo Iacona, noto per le coraggiose trasmissioni-inchiesta su Rai Tre. Dedicato a un fenomeno che ha raggiunto anche in Italia negli ultimi anni dimensioni impressionanti, il libro è “la cronaca di un viaggio cominciato a Enna e finito a Milano”, “una storia collettiva raccontata con il materiale vivo delle parole, delle testimonianze”, “l’incredibile racconto di una tragedia nazionale che investe tutti gli ambienti sociali, nessuno escluso”. E’ “la tragedia delle donne”, delle tante donne – 137 solo nel 2011 – uccise dai loro partner in Italia. Un’indagine giornalistica che evidenzia la dimensione quasi epidemica del problema (secondo un rapporto Istat del 2007 sarebbero 6,743 milioni le donne fra i 16 e i 70 anni che almeno una volta nella vita sono state vittime di violenza, tenendo anche conto che il 93 % delle violenze intra-familiari non viene denunciato) e la specificità del contesto (solo il 6,2% delle violenze è ad opera di sconosciuti, mentre il resto dei maltrattanti sono partner o ex-partner). La ricostruzione di tanti “ultimi giorni”: inquietante soprattutto per l’incapacità dell’ambiente sociale e delle istituzioni a raccogliere e rispondere ai non pochi segnali che ossessivamente sembrano sempre precedere l’esito tragico. L’autore alterna le storie a interviste con operatori di centri antiviolenza, esperti, avvocati, nel tentativo di spiegare un fenomeno che sembra inarrestabile, di capire cosa dovrebbe essere fatto e come.

Seppure in modo “giornalistico”, e quindi inevitabilmente descrittivo, l’autore cerca di aprire una riflessione sulle dinamiche individuali, relazionali e sociali che tutte le storie sembrano, in un modo o in un altro, condividere. A cominciare dalla banalità delle motivazioni che possono scatenare la violenza: “Quando le ho messo le mani al collo, pensai che stavamo litigando per il caricabatteria di un telefonino, per questo le dico che le motivazioni non sono importanti, possono sembrareassurde”. Ma se le motivazioni contingenti, quelle dell’ultimo passo, sembrano, in fondo, così banali da lasciare increduli, altra cosa sono le motivazioni profonde, quelle che emergono solo quando lo sguardo giornalistico si fa più attento e interessato a capire davvero, ad andare oltre l’orrore immediato, ma volatile, di un caso di cronaca. “Sono pazzi gli uomini che uccidono ledonne?” chiede il giornalista a un’esperta: “No” risponde lei “Se di patologia si tratta, dobbiamo parlare di una patologia sociale, sono uomini ossessionati dall’idea di punire la vittima, didistruggerla, o perché lei ha osato lasciarlo, oppure perché si è rivolta ai carabinieri, o perché ha chiesto l’affidamento dei figli, o perché ha osato disonorarlo mettendosi con un altro uomo”, “gli omicidi fatti dall’ex colpiscono la donna proprio quando riesce ad uscire da una situazione che non le va più […] quando sono tornate indipendenti dal volere e dai desideri del loro ex-partner”.

“Ormai ci avevo fatto l’abitudine, per me era così, non c’erano alternative…Io non esistevo più,esisteva solo lui” dice l’ex-moglie di un uomo che ha ucciso la nuova compagna. “Non sono le motivazioni la cosa importante, perché qualunque cosa avesse detto o fatto la mia compagna non giustifica quello che io le ho fatto. Posso solo dirle che nel caso in cui la minacciai col coltello mi aveva offeso. Oggi penso che alla base di tutto c’era la paura. L’uomo quando diventa aggressivo nei confronti della propria compagna ha dentro di sé paura, una grandepaura”. La paura è sempre di qualcosa o di qualcuno. E’ un’emozione primaria e potente che se non sufficientemente integrata e bilanciata nel corso dello sviluppo può diventare un’esperienza sensoriale dilagante, disorganizzante al punto di minacciare l’integrità stessa del Sé. La paura può colonizzare le relazioni affettive e diventare come una minaccia che “sta” nella relazione con l’altro. “Io avevo paura di rimanere solo, mi rendevo conto che il rapporto con la mia compagna andava male e non sono stato in grado di gestire la situazione diversamente. In quei momenti non hai la capacità di comprendere, sei come disarmato, non sei in grado di gestire la situazione ed è così che nascono le violenze”.

L’esperienza dell’altro, che è la forma più immediata e primaria dell’esperienza, può legarsi così inestricabilmente all’esperienza della paura e del senso di dolorosa e disorganizzante impotenza che ne deriva, da creare uno “stampo” relazionale profondamente radicato (Guerrini Degl’Innocenti, 2011). L’empatia, che Sandor Ferenczi (1928) definiva come “la capacità di mettersi nei panni di un altro”, nel maltrattante sembra svuotarsi della presenza emotiva dell’altro e attivarsi invece verso una parte di sé. Quella parte di sé, debole e impaurita, che il maltrattante espelle inconsapevolmente (“proietta” nel linguaggio della psicoanalisi) nella partner e che rivede quando riesce a farla soffrire, supplicare, dibattersi.

Gli uomini – dice lo psicoanalista Peter Fonagy a proposito degli uomini che esercitano violenza sulle donne (1998) – provano, dopo questi episodi, uno strano stato di tranquillità, un repentino calo di tensione, come il “ripristino di una Gestalt interiore”. Una calma che è risultato della riuscita distruzione dell’indipendenza psichica della donna che finisce per essere, ancora una volta, solo il veicolo dei processi proiettivi patologici del suo partner. Come sottolinea anche Riccardo Iacona: “E’ una guerra che ha un obiettivo immediato: annientare, ridurre al silenzio la donna che ha osato alzare la testa”: o, come diremmo noi, eliminare la donna che ha imprudentemente, dolorosamente, pericolosamente tentato di esercitare il proprio diritto di individuo a essere qualcosa di più che una discarica per le emozioni intollerabili del partner.

 

Bibliografia

Ferenczi S. (1928) L’elasticità della tecnica psicoanalitica. In: Fondamenti di Psicoanalisi, vol. 3, Guaraldi, Rimini, 1974.

Fonagy P. (2001). Uomini che esercitano violenza sulle donne: una lettura alla luce della teoria dell’attaccamento. In Fonagy P.e Target M., Attaccamento e funzione riflessiva. Milano, Cortina.

Guerrini Degl’Innocenti B. (2011) Attaccamenti Perversi, 1 /2011