Dossier

“Sbagliate” – il film di Elisabetta Pandimiglio e Daria Menozzi

21/03/16

Scheda del film

“Sbagliate”, già nel titolo è il senso del film, una sorta di monito: sbagliate voi che giudicate velocemente senza conoscere, sapere, riflettere, ascoltare. Soprattutto ascoltare.
E’ un tabù per il pensiero femminile, quello di non avere figli per scelta o per caso, o il semplice non sentirli come unica e principale fonte di realizzazione del sé. Contro questo stereotipo, il documentario viene attraversato dalla riflessione di molte donne che, per i motivi più svariati, raccontano il proprio percorso: un po’ autocoscienza, un po’ manifesto di libertà.
Lo spettatore scopre che un numero crescente di donne, diverse per età, carattere, storia, situazione sociale e culturale, s’incontrano, dichiarano, riflettono su un tema poco affrontato. Per alcune è una prima volta. Non è un film che intende esaltare la scelta della non maternità, ma descriverne le molte facce, perché sono davvero tante: ricordi di madri oppositive, difficoltà di coppia, desiderio che arriva fuori tempo, desideri di successo lavorativo che ostacolano la scelta di maternità con l’attuale mondo del lavoro. Ogni storia è diversa dalle altre, ma tutte segnalano una sovrapposizione di piani, sociali culturali, che rende ancora più difficile rintracciare le profonde motivazioni della scelta.
Negli Stati Uniti è nata un’associazione che riunisce chi non ha nessuna intenzione di fare il genitore “Childfree by choice”. Si comincia a riflettere sul “fenomeno delle childfree”, donne contemporanee che, consapevolmente e senza rimpianti, fanno questa scelta. E sembrano destinate ad aumentare.

Come leggere una tale scelta in espansione? Come una rinuncia, come un’affermazione di libertà, come una tendenza all’auto-distruzione del primo mondo giunto al capolinea?
Certo insieme al tema delle cosiddette “madri surrogate”, sono la manifestazione dell’emergere di un cambiamento, dal futuro incerto, sintomo di un disagio che la società globalizzata vive: da un lato l’aumento dell’infertilità femminile legata alle più diverse difficoltà nell’essere madri, dall’altro il volerlo essere a tutti i costi ricorrendo alle biotecnologie.
Infine lo scegliere coscientemente di non esserlo, apre a dibattiti, a volte veri e propri scontri tra fazioni opposte. Segno dell’importanza vitale del tema.

Ed ecco “Sbagliate” di Elisabetta Pandimiglio e Daria Menozzi.
Il film ha risvegliato un grande interesse, riempiendo le sale in cui è stato proiettato e suscitando reazioni vivaci tra molte donne, che, a volte timidamente a volte come rivendicazione orgogliosa, si sono definite “Sbagliate”
Si sta già affermando una nuova cultura? Naturalmente è lecito chiedersi quale cultura stia nascendo, ma questo esula dagli scopi del film che vuole rendere manifesta una realtà e descriverla nelle sue molte forme.
Le due registe affermano“Fin dal principio, abbiamo promesso a noi stesse che non ci saremmo lasciate tentare dalla retorica o dalla facile soluzione dei contro-stereotipi, pericolosi e lontani dalla realtà, tanto quanto gli stereotipi ritualizzati di cui costituiscono solo il banale rovesciamento. Ci siamo messe al servizio di un progetto che pensavamo avrebbe potuto arricchire la nostra stessa visione del reale. Un lavoro di pura ricerca da tutti i punti di vista: formale, narrativo, sociologico, antropologico, scientifico. Documentario, finzione, testimonianze, voci, racconti ritratti, non per dare risposte, né per dimostrare tesi prestabilite. Nessuna certezza.” E si sono trovate coinvolte nelle emozioni vissute. All’inizio poche accettano di aprirsi al tema, ma poi “quando si trova il coraggio di confessarlo, di ammettere che la non maternità è stata proprio una scelta, è frequente sentirsi definite: aride, anaffettive, infantili, insensibili, egoiste, fallate. Nell’immaginario collettivo, è meno difficile individuare le cause che possono indurre una donna a eliminare il figlio già messo al mondo: crisi post-partum, troppo amore che genera paure incontrollabili come quella dell’anormalità, della potenziale inadeguatezza ad una società difficile; raptus di follia; deprivazione culturale ed economica. Per una donna che decide volontariamente di non essere madre, pur avendone le condizioni, non esistono motivi plausibili, perché non è naturale, non è normale.Chi ha stabilito che l’identità femminile si autodefinisca esclusivamente attraverso il ruolo della brava madre? Se così fosse, perché, mai come in questo momento, ci sono madri che balzano alla cronaca come assassine dei propri figli? Cosa si nasconde dietro il clamore di questi casi? A quante madri è capitato di pensarsi, almeno una volta, capaci di un gesto violento contro il proprio figlio. Sono loro i veri mostri o piuttosto una società,che reprime l’ambivalenza che esiste in ogni essere umano, attraverso la retorica dei sani e irriducibili sentimenti, non può che generare “mostri”.
Dice Elisabetta Pandimiglio: “ Quando mi è venuta ’idea di fare questo film, stavo vivendo un momento personale che mi metteva in modo pressante di fronte all’interrogativo maternità. E’ stato molti anni fa. Un momento difficile. Iniziai a rifletterci e pensai che farne un film mi avrebbe aiutato a trovare quelle risposte che dentro di me galleggiavano nebulose. Scrissi un soggetto, una scaletta, cercai una produzione… Scoprii che, almeno in Italia, non era neanche considerato un tema da affrontare. Eppure molte donne della mia generazione, molte delle mie amiche non avevano figli. Le statistiche sembravano darmi ragione. Così decisi di andare avanti nel progetto. Passò del tempo. Daria Menozzi era una mia amica regista, anche lei senza figli. Pensai che l’unione avrebbe fatto la forza, così le proposi di fare il film con me. Da subito, accettò entusiasta.
Passa altro tempo, si elabora il progetto, si formano i gruppi , non senza difficoltà. Il film a poco a poco prende la forma di un coro.
Finalmente Davanti a una tavola apparecchiata, ammucchiate su un divano o su un tappeto, all’interno di un salone di bellezza, con un bicchiere di vino in mano, sempre più numerose …..mettono a fuoco, elaborano, prendono coscienza prefigurando un nuovo stile di vita, una nuova identità femminile, ancora a cercare dentro e fuori di sé”.
Un film che fa riflettere e suscita altri interrogativi.